Progetto: La collezione Braginsky su e-codices
Inizio: Dicembre 2014
Status: In corso
Finanziato da: Fondazione René e Susanne Braginsky
Descrizione del progetto: La collezione di manoscritti ebraici del collezionista di Zurigo René Braginsky viene generalmente considerata come una delle più grandi collezioni private di manoscritti ebraici nel mondo. Contiene anche un buon numero di begli esemplari di libri risalenti ai primi secoli della stampa. La collezione non contiene unicamente codici risalenti a prima o dopo l'invenzione della stampa ma anche alcune centinaia di contratti di matrimonio miniati e di rotoli del libro di Ester. Nel 2009 alcune centinaia tra i pezzi migliori della collezione sono stati scelti per una mostra itinerante che è stata esposta ad Amsterdam, New York, Gerusalemme, Zurigo e Berlino. Dal 2014 i materiali di questa collezione sono pubblicati su e-codices. Questo progetto è generosamente sostenuto dalla fondazione René e Susanne Braginsky.
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Il giorno del digiuno Jom kippur katan ha la sua origine nel giorno festivo Rosch chodesch, che in epoca biblica segnava nel calendario lunare il primo giorno in cui era visibile la falce di luna dopo la luna nuova. Questo giorno, durante il quale in origine non si poteva lavorare, si sviluppò più tardi tramite la compilazione del Talmud in un mezzo giorno festivo. Furono per primi i mistici di Safed in Alta Galilea a trasformare il Rosch chodesch in un giorno di digiuno creando una liturgia basata sulle penitenze del Jom Kippur ("Giorno dell’espiazione"). Da qui deriva anche il nome Jom Kippur Katan ("Piccolo giorno dell’espiazione"). Questo nuovo costume si estese verso l’italia e infine a nord delle Alpi. Simili raccolte di preghiere erano molto amate nel XVIII secolo. Al contrario di molti altri, questo esemplare è ornato da una pagina di titolo illustrata. Se il copista Juda Leib ben Meir di Glogau non avesse iscritto il suo nome in questa pagina, si sarebbe potuto supporre che il lavoro di copia fosse di Aaron Wolf Herlingen di Gewitsch, cui corrispondono le caratteristiche della scrittura e dell’illustrazione. Sui rapporti tra Herling e il copista Meir si può per il momento solo fare delle supposizioni.
Online dal: 19.03.2015
Josef (Juspa), schammes ("sacrestano") di Worms (1604-1678), ha registrato la vita quotidiana, i riti e gli usi della comunità ebraica di Worms, una delle più antiche ed importanti d’Europa. Questo autografo di Josef contiene i commenti al libro di preghiere, al Birkat Hamason ("Preghiera dopo i pasti"), alla Haggadah e ai Pirqe Avot ("Capitoli dei Padri"), e altre annotazioni sui riti di preghiera e notizie autobiografiche. Le annotazioni alle Minhagim ("Riti") vennero ripresi nella edizione a stampa del Minhagbuch di Worms, ma poichè una gran parte di questo manoscritto rimase inedita, costituisce una importante fonte per la storia religiosa di uno dei più grandi centri ebraici d’Europa. Il manoscritto appartenne tra gli altri al rabbino Michael Scheyer, e più tardi alla raccolta privata di Salman Schocken a Gerusalemme.
Online dal: 19.03.2015
Il più vecchio colophon di questa bibbia ebraica con annotazioni (critiche al testo) masoretiche, che si trova alla fine dell’ultimo volume (vol. 4), afferma che Isaak ben Ischai Sason finì questa bibbia a Ocaña (Spagna) nel 1491. Alla fine di quello che originariamente era il primo volume – e oggi secondo volume (vol. 2) – un’altra annotazione dichiara che questo venne terminato nel 1494 a Evora nel regno del Portogallo, due anni dopo la cacciata degli ebrei dalla spagnola Castiglia. Originariamente questa bibbia era divisa in due volumi e presentava una sequenza insolita e non canonica dei libri. Nel XIX secolo venne suddivisa in quattro volumi (vol. 1, vol. 2, vol. 3, vol. 4) e ricevette una nuova rilegatura con una coperta di color rosso porpora e delle impressioni dorate. Nel XVIII secolo si trovava nel convento di S. Paolo dei Carmelitani Scalzi di Firenze da dove giunse, dopo i saccheggi napoleonici, forse nella Biblioteca Vaticana, ma già nel 1827 venne venduta. Prima di giungere a Zurigo nella collezione Braginsky appartenne alla collezione di Beriah Botfield.
Online dal: 17.12.2015
Il più vecchio colophon di questa bibbia ebraica con annotazioni (critiche al testo) masoretiche, che si trova alla fine dell’ultimo volume (vol. 4), afferma che Isaak ben Ischai Sason finì questa bibbia a Ocaña (Spagna) nel 1491. Alla fine di quello che originariamente era il primo volume – e oggi secondo volume (vol. 2) – un’altra annotazione dichiara che questo venne terminato nel 1494 a Evora nel regno del Portogallo, due anni dopo la cacciata degli ebrei dalla spagnola Castiglia. Originariamente questa bibbia era divisa in due volumi e presentava una sequenza insolita e non canonica dei libri. Nel XIX secolo venne suddivisa in quattro volumi (vol. 1, vol. 2, vol. 3, vol. 4) e ricevette una nuova rilegatura con una coperta di color rosso porpora e delle impressioni dorate. Nel XVIII secolo si trovava nel convento di S. Paolo dei Carmelitani Scalzi di Firenze da dove giunse, dopo i saccheggi napoleonici, forse nella Biblioteca Vaticana, ma già nel 1827 venne venduta. Prima di giungere a Zurigo nella collezione Braginsky appartenne alla collezione di Beriah Botfield.
Online dal: 17.12.2015
Il più vecchio colophon di questa bibbia ebraica con annotazioni (critiche al testo) masoretiche, che si trova alla fine dell’ultimo volume (vol. 4), afferma che Isaak ben Ischai Sason finì questa bibbia a Ocaña (Spagna) nel 1491. Alla fine di quello che originariamente era il primo volume – e oggi secondo volume (vol. 2) – un’altra annotazione dichiara che questo venne terminato nel 1494 a Evora nel regno del Portogallo, due anni dopo la cacciata degli ebrei dalla spagnola Castiglia. Originariamente questa bibbia era divisa in due volumi e presentava una sequenza insolita e non canonica dei libri. Nel XIX secolo venne suddivisa in quattro volumi (vol. 1, vol. 2, vol. 3, vol. 4) e ricevette una nuova rilegatura con una coperta di color rosso porpora e delle impressioni dorate. Nel XVIII secolo si trovava nel convento di S. Paolo dei Carmelitani Scalzi di Firenze da dove giunse, dopo i saccheggi napoleonici, forse nella Biblioteca Vaticana, ma già nel 1827 venne venduta. Prima di giungere a Zurigo nella collezione Braginsky appartenne alla collezione di Beriah Botfield.
Online dal: 17.12.2015
Il più vecchio colophon di questa bibbia ebraica con annotazioni (critiche al testo) masoretiche, che si trova alla fine dell’ultimo volume (vol. 4), afferma che Isaak ben Ischai Sason finì questa bibbia a Ocaña (Spagna) nel 1491. Alla fine di quello che originariamente era il primo volume – e oggi secondo volume (vol. 2) – un’altra annotazione dichiara che questo venne terminato nel 1494 a Evora nel regno del Portogallo, due anni dopo la cacciata degli ebrei dalla spagnola Castiglia. Originariamente questa bibbia era divisa in due volumi e presentava una sequenza insolita e non canonica dei libri. Nel XIX secolo venne suddivisa in quattro volumi (vol. 1, vol. 2, vol. 3, vol. 4) e ricevette una nuova rilegatura con una coperta di color rosso porpora e delle impressioni dorate. Nel XVIII secolo si trovava nel convento di S. Paolo dei Carmelitani Scalzi di Firenze da dove giunse, dopo i saccheggi napoleonici, forse nella Biblioteca Vaticana, ma già nel 1827 venne venduta. Prima di giungere a Zurigo nella collezione Braginsky appartenne alla collezione di Beriah Botfield.
Online dal: 17.12.2015
Il manoscritto contiene un Ewronot ("Regole per il calcolo del calendario"). Nel XVII e XVIII secolo nacquero molti cosiddetti Sifre ewronot ("Libri per il calcolo"), che possono essere visti quale reazione all’introduzione del calendario gregoriano nel 1582. In questi manoscritti è spesso raffigurato, sopra o accanto ad una scala, il biblico Issachar, un figlio di Giacobbe. Quale attributo tiene una clessidra nella mano. Qui si trova due volte un simile motivo; al di sopra del primo è illustrata inoltre una luna crescente con una faccia umana e delle stelle. La pagina del titolo mostra un arco ornamentale architettonico. Al termine del libro si trova il noto motivo di Mosé con le tavole della legge seduto ad un tavolo.
Online dal: 19.03.2015
Il testo halakhico Schibbole ha-leket («Spigolature»), di Zedekia ben Abraham Anaw di Roma (ca. 1225-1297), contiene uno dei primi tentativi di codificare le leggi religiose ebraiche in Italia e di crearne un primo panorama sistematico. Dal punto di vista del contenuto il testo, suddiviso in 12 grandi capitoli con in totale 372 paragrafi, si occupa delle prescrizioni relative all'ordine delle preghiere e delle regole per il Shabbat, i giorni festivi e feriali, accanto a vari altri testi con tematiche halakhiche, che stanno in una dichiarata prospettiva aschenazita. Il manoscritto non è datato. Fu scritto dai copisti Moses e Samuel sia ancora nel periodo di vita o poco dopo la morte dell'autore, e costituisce così una delle prime copie che si conservano di questo testo.
Online dal: 18.12.2014
Il cabbalista spagnolo Abramo Abulafia (1240- dopo il 1291) sostiene un concetto della cabbala che poco o niente ha a che fare con quella che era prevalentemente nota. Egli non la interpretava né come una forma della gnosi né come una specie di filosofia teosofica, che si concentrasse sulle Sefirot, emanazioni del divino. Al contrario cercò di raggiungere uno stato di estasi profetico-mistico, partendo dalla sua convinzione che l'esperienza dei profeti deve essere stata di natura estatica e che tutti i veri mistici debbano essere stati dei profeti. Quest'opera era particolarmente popolare e diffusa sotto i titoli Chajje ha-olam («La vita nel mondo dell'Al di là») oppure Sefer ha-Schem («Libro del nome divino») oppure Sefer ha-iggulim («Libro dei cerchi»), ma in questo manoscritto viene nominato Sefer ha-Schem ha-meforasch («Libro del nome che non si può nominare»). Il codice contiene dieci iscrizioni raffigurate in cerchi concentrici in inchiostro nero e rosso, così come 128 solo in inchiostro nero. Queste contengono delle dettagliate istruzioni per la meditazione mistica. Contemplando questi cerchi si dovrebbe recitare il nome di Dio - racchiuso in 72 lettere - originato dalla combinazione dei valori numerici delle lettere nei nomi nelle dodici tribù di Israele, dei patriarchi e delle nove lettere delle parola Schiwte Jisra’el («Tribù di Israele»). Il lettore dovrebbe «entrare» in ognuno dei tre cerchi rosso-neri partendo dall' «ingresso» indicato al poso, che è indicato, per così dire, da un piccolo tratto di penna.
Online dal: 18.12.2014
L'opera Minhagim («Riti liturgici») viene attribuita a Samuel di Ulm, anche se la paternità non è definita in modo chiaro. Dal punto di vista del contenuto contiene numerosi insegnamenti che si basano sulle opinioni di Jakob Moellin (1360-1427). Viene considerato una grande autorità spirituale del mondo aschkenazita. Probabilmente il manoscritto fu redatto nell'ultimo terzo del sec. XV in Italia poiché i disegni a penna si collocano nella tradizione dell'Italia del nord di quest'epoca. Molti dei motivi decorativi, per es. una testa con un naso pronunciato e pesanti palpebre che si sviluppano da un ornamento, o un lungo muro di città con torri rotonde, sono considerati tipici per Joël ben Simeon, importante rappresentante della tradizione illustrativa norditaliana.
Online dal: 18.12.2014
Il volume, sicuramente molto utilizzato, si presenta in buone condizioni di conservazione ed è vergato in una elegante scrittura quadrata e semicorsiva. Contiene preghiere quotidiane e piyyutim per i giorni festivi, ma anche varie altre da recitare in occasioni speciali, e l'intero testo della Haggadah per la festa ebraica, un testo solitamente trascritto separatamente. Il manoscritto presenta un interessante caso di censura: lo spazio per la preghiera Alenu le-shabbeah, che si riteneva contenere un implicito insulto ai cristiani, è stato lasciato vuoto (19r-v). L'intero codice è stato sottoposto a censura a Mantova da parte di Dominico Irosolimitano, uno dei più attivi censori attivo in Italia a partire dalla seconda metà del XVI secolo. Questi non ha espunto nessun passaggio ma si è limitato ad apporre la sua firma sull'ultima pagina (f. 112v), a riprova dell'avvenuto controllo.
Online dal: 18.12.2014
L'anonimo inno al Creatore Perek schira è tramandato in più di cento manoscritti. I più importanti illustratori di libri ebraici del sec. XVIII hanno decorato questo inno. Questo codice fu scritto per Hertz ben Leib Darmstadt di Francoforte sul Meno e contiene delle illustrazioni a penna di Meshulam Zimmel ben Moses di Polna in Boemia, il quale però probabilmente ha confezionato il codice a Vienna.
Online dal: 18.12.2014
Questa miscellanea sul ciclo di vita ebraico, databile all'ultimo terzo del secolo XV, rappresenta probabilmente un regalo di nozze. Fu copiata da Leon ben Joschua de Rossi di Cesena. Contiene delle preghiere per la cerimonia della circoncisione, il formulario per una contratto di matrimonio da Correggio del 1452 (senza nomi), testi relativi al rito delle nozze, tra i quali un inno con l'acrostico El’asar; il contratto per un matrimonio stipulato a Parma nel 1420 tra Juda, figlio di Elchanan di Ascoli Piceno e Stella, figlia di Solomon di Mantova. Inoltre contiene preghiere per il cimitero con una apposita da recitare durante il banchetto del funerale; un rituale per evitare cattivi sogni; Ka’arat kesef, un poema etico del poeta provenzale Jehoseph ben Hanan ben Nathan Ezobi del sec. XIII e infine - aggiunto da altra mano - una preghiera personale di Moses Latif per Joab Immanuel Finzi. Immediatamente alla fine del contratto si trova la raffigurazione della coppia di sposi (f. 10v). L'acconciatura, i vestiti e il velo della sposa rimandano alla contemporanea moda ferrarese, ciò che confermerebbe che il manoscritto è di origine italiana, forse della stessa Ferrara.
Online dal: 18.12.2014
Questa Pesach Haggada con la traduzione ebraica dell'inno Had Gadya (f. 23r) fu copiata ed illustrata da Nathan ben Simson di Mezeritsch (oggi Velke Mezirici, Repubblica Ceca). Contiene tra l'altro una pagina iniziale decorata, un ciclo di illustrazioni della cerimonia della sera del Seder della festa ebraica della Pesach, nove illustrazioni al testo ed un ciclo per l'inno conclusivo Had Gadya (f. 23r).
Online dal: 18.12.2014
Si tratta del più antico manoscritto del codice legale di Moses di Coucys e anche del più antico codice datato della collezione Braginsky. Il Sefer Mitzvot Gadol (abbreviato SeMaG) divenne la più importante e accettata fonte per le norme Halakhah. Venne frequentemente citato ed abbreviato e più volte commentato. Il manoscritto venne copiato da Hayyim ben Meir ha-Levi nel 1288, forse a Sierre (Svizzera). Quest'ipotesi si basa sul fatto che la Bibliothèque nationale di Parigi possiede un altro manoscritto (ms. hébr. 370) della stessa opera, dello stesso copista, e che si presume sia stata vergato a Sierre. Più di duecento anni dopo la stesura del manoscritto, nel 1528, Joseph Kalonymos lo acquistò a Posen (Polonia) e lo completò con i pochi fascicoli che all'epoca mancavano.
Online dal: 13.10.2016
Il manoscritto contiene il testo del Massekhet Purim, una parodia del Purim dell'autore e traduttore provenzale Kalonymus ben Kalonymus (Arles 1286- dopo il 1328). Nato ad Arles nel 1286 scrisse la sua opera a Roma all'inizio degli anni 20’ del XIV secolo - egli imita con umorismo il testo e lo stile del Talmud, trattando del mangiare, bere e ubriacarsi durante questa festa. Le illustrazioni includono figure di arlecchini, un musicista di strada e sette carte da gioco distribuite a formare un trompe l'œil, genere solitamente molto raro nei mss. ebraici. Il codice è stato realizzato ad Amsterdam nel 1752, in un'epoca nella quale questo testo godette di grande interesse presso la comunità ebraica aschkenazita.
Online dal: 18.12.2014
Questa raccolta di undici documenti, riguardanti la condanna e la distruzione del Talmud, è collegata ad uno dei periodi più bui della storia del libro ebraico. La collezione costituisce un resoconto più o meno cronologico degli avvenimenti e fece parte probabilmente degli atti di un inquisitore veneziano. Sono qui riprodotti i regesti di sei lettere papali dal 1518 al 1537, nelle quali Leone X, Clemente VII e Paolo III concedono a Daniel Bomberg di stampare libri in ebraico a Venezia. Vengono inoltre presentati dei documenti con le istruzioni per la ricerca di contenuti eretici nei libri ebraici da parte di ebrei convertiti, copie di importanti decreti pontifici, e rapporti sugli avvenimenti in corso a Roma e Venezia.
Online dal: 22.03.2017
Il manoscritto costituisce un capolavoro del miniatore Aaron Wolf Herlingen, un artista nato a Gewitsch in Moravia intorno al 1700, che ha operato tra gli altri a Pressburg (oggi Bratislava) e Vienna, e di cui oggi sono conosciuti più di quaranta manoscritti da lui firmati. La decorazione consiste in 60 illustrazioni a colori e tre iniziali decorate. Nella pagina iniziale il testo del titolo è affiancato dalle figure di Mosé e Aaron, e nella parte inferiore è raffigurato l'episodio della marcia nel deserto e della caduta della manna in presenza di Mosé, Aaron e della sorella di questi Miriam. L'inusuale presenza della figura di Miriam lascia supporre che il manoscritto fosse destinato ad una donna. Alla fine del testo sono trascritti i due canti - uno ebraico, l'altro aramaico Echad mi-jodea e Had Gadya - con la rispettiva traduzione in lingua yiddish.
Online dal: 18.12.2014
La Haggadah di Hijman Binger è un tipico esempio dell’arte dei manoscritti ebraici del Norde e del Centroeuropa della fine del XVIII e dell’inizio del XIX secolo. Cicli di immagini fanno da sfondo al contenuto scritto. Le illustrazioni mostrano della somiglianze con le tarde Haggadot di Joseph ben David di Leipnik, come quella del 1739 (Braginsky Collection B317) e lasciano presupporre che un’altra Haggadah di questo artista sia servita da modello a Hijman Binger. Un’ulteriore rarità del manoscritto è costituita da una carta della Terra Santa che è stata aggiunta alla fine (f. 52).
Online dal: 19.03.2015
Questo libricino di poche pagine contiene il Mohel: il cerimoniale per il rito della circoncisione. Una nota sulla pagina iniziale spiega trattarsi di un regalo di Mendel Rosenbaum per il cognato Joseph Elsas di Nitra, oggi cittadina nella repubblica Slovacca ma in passato ungherese. E' firmato da Leib Sahr Sofer e presenta nella decorazione analogie con varie opere eseguite dal più importante calligrafo ed illustratore operante a Nitra all'inizio del XIX secolo, Mordechai ben Josel, conosciuto anche col nome di Marcus Donath. La pagina finale presenta un calligramma con la figura di Mosé che in una mano regge le tavole delle leggi e con l'altra mostra il Pentateuco.
Online dal: 18.12.2014